L’Italia possiede il patrimonio artistico più grande del mondo ma non è capace di valorizzarlo. Negli ultimi anni abbiamo sentito questa frase troppe volte. Numerose sono le richiesta d’aiuto da parte dei direttori museali, infinite le lamentele di intellettuali, molteplici le dichiarazioni dei ministri. Come troppo spesso accade molte sono le chiacchiere e pochi i fatti.
Possedere un patrimonio invidiabile da tutta l’umanità è una grande responsabilità. Per smuovere i musei dall’immobilismo in cui versano di recente è nata l’iniziativa #svegliamuseo. Il progetto nasce dalla necessità di cambiare l’immagine dei musei troppo spesso percepiti come statici, noiosi, vecchi, trasformandoli attraverso il web 2.0 in uno spazio da condividere e con cui interagire.
I musei italiani sono poco presenti sui social network, alcuni hanno una pagina Twitter o Facebook ma pochi la utilizzano in maniera innovativa e coinvolgente. All’estero, invece, le controparti straniere grazie all’utilizzo della rete mettono in contatto diretto visitatori e strutture museali.
Il progetto #svegliamuseo, promosso da una squadra di giovani esperti di arte, archeologia e media digitali, parte dal presupposto che, come ben sanno i grandi artisti del passato, per diventare eccellenti occorre imitare i maestri.
I modelli da seguire, i maestri cui ispirarsi sono musei stranieri che usano il web e i social network in maniera efficace, gli apprendisti, invece, sono quei musei italiani che vogliono entrare nel mondo digitale. Attraverso interviste approfondite ai Communication Manager dei musei che hanno aderito al progetto, gli ideatori di #svegliamuseo stanno reperendo informazioni per capire come i maestri si muovono nel web. L’idea è recuperare consigli e best practices da chi si trova in una fase più avanzata del processo comunicativo per capire come“svegliare” i colleghi italiani.
Tra i maestri ricordiamo il Getty Museum di Los Angeles, lo Smithsonian di Washington DC, il Prado a Madrid, il Minneapolis Institute of Arts, il Rijksmuseum di Amsterdam, lo Statens Museum for Kunst di Copenhagen e l’Horniman Museum di Londra; tra “apprendisti”, invece, annoveriamo il Museo Civico di Maglie (Lecce), il Museo dell’Alto Tavoliere di San Severo (Foggia), il Museo della Lavanda di Carpasio (Imperia), i Musei Civici di Jesi, il Museo Diocesano di Torino e il Museo Regionale di Caltanisetta.
I maestri hanno capito che ogni canale ha una sua specifica strategia e deve integrarsi con gli altri. Un team scelto ad hoc segue la comunicazione museale lavorando con programmatori e designer.
I risultati di questo progetto saranno presto racconti in un ebook destinato a tutti gli operatori museali che vogliono abbracciare l’era digitale
Il progetto apre una nuova strada alla percezione dei musei, spazi da vedere non come raccoglitori di contenuti ma come reti attraverso cui diffondere cultura.
Tonia Zito