Lo avreste mai detto che l’Italia, paese dove il tempo sembra dilatarsi e far procedere ogni cosa con una lentezza proverbiale possa aver accelerato troppo nella questione libri digitali a scuola? Eppure è così.
La prevista obbligatorietà nell’introduzione di questi ultimi a partire dal 2014, come avrebbe previsto il decreto Digitalia dell’ex ministro Profumo, è stata fermata da quello attuale, Maria Chiara Carrozza.
Questa introduzione non “sadda fare”, pare, perché vadano accertati i rischi di una esposizione prolungata dei ragazzi alle onde elettromagnetiche degli e-reader, attraverso i quali si licenzierebbe per sempre la carta.
La salute prima di tutto! La saggezza popolare insegna, ma a prescindere da questo, qualche riflessione in merito, in particolare sull’ipocrisia del sistema scolastico italiano va spesa. E forse ci accorgeremmo che quella dei libri digitali è solo l’ennesima di tante scollature che diventa sempre più difficile tenere insieme.
Viene lecito chiedersi infatti se rientra nella tutela della salute anche una seria valutazione dell’agibilità e della sicurezza delle sedi scolastiche, delle aule, delle palestre. Non ignoriamo che vi siano sicuramente alcune eccellenze, ma scommettiamo viceversa che in qualche paesino, soprattutto del sud Italia, vi siano ancora ragazzi e ragazze che frequentano istituti in cui le palestre sono ex garage, dove le aule sono ex cucine e bagni, dove il banco del compagno seduto dietro cinge la schiena di quello seduto davanti. Ecco questa è una questione di salute che non ha bisogno di indagini, eppure molte scuole continuano a essere fatiscenti.
La mancanza di carta igienica nei bagni, di fogli per le fotocopie, di aule multimediali, di un numero adeguato di pc sono tutti problemi della scuola del presente e anche di quella del futuro.
I chili di libri sulle spalle hanno piegato intere generazioni, chiedetelo agli ortopedici. Non volendo poi parlare dei riscaldamenti per cui manca combustibile, degli ascensori per cui non è spesso possibile pagare la manutenzione, delle aree dove agli alunni è consentito fumare, dell’abitudine sicuramente salutare per cui ai distributori gli alunni possono acquistare bevande e alimenti consigliatissimi dai nutrizionisti o ancora peggio senza voler considerare che spesso pizzette e altro vengono venduti da fornitori esterni nei minuti di intervallo. Ma la scuola non dovrebbe sempre e comunque fare educazione alimentare?
Ma torniamo alle onde elettromagnetiche. Nelle borse di ogni studente, come della maggior parte degli insegnati, vibrano ormai sei ore su sei, per rimanere al tempo scolastico, smartphone di ultima generazione, che emanano le stesse onde elettromagnetiche e che si rendono spesso responsabili di una totale assenza e dipendenza durante le ore di lezione. Persino il wi-fi a cui è possibile accedere all’interno degli edifici scolastici è responsabile di emissioni dello stesso genere.
Allora che cosa ferma i libri digitali? La paura di una classe docente per lo più vicina alla pensione e poco incline a questi cambiamenti? Forse. Gli interessi dei grandi gruppi editoriali che ancora non hanno attuato una politica di conversione dei loro prodotti? Sicuramente e non solo. I libri digitali costano meno.
Il fatto è che la scuola digitale non può e non deve essere una semplice conversione di file. Pensare a libri digitali prevede una seria ripianificazione e rimodulazione del sapere che né la politica, né gli editori sono disposti ad avviare.
Perché? Perché non conviene.
Senza investimenti di tempo, passione, ingegno e denaro la scuola del domani sarà scuola non del passato ma del nulla, perché il passato di per sé non è un male, è un male che la scuola invece non fornisca i mezzi e non veicoli la conoscenza attraverso i mezzi che la società riconosce come quelli della cultura.
Maria Mancusi