Travolti dal turbine politico di questa campagna elettorale, rischiamo sempre più di perdere di vista il nostro ruolo di cittadini. Siamo ogni giorno in attesa di colpi di scena, di passi indietro, di proposte indecenti, attendiamo fate morgane provvidenziali, ci indigniamo contro le solite promesse da marinaio, scaviamo nella vita privata e nel passato dei candidati. Tutto questo fa parte della consuetudine pre-elezioni, non c’è nulla di strano: a noi Italiani piace in fondo questo siparietto, ci sembrerebbe addirittura inusuale una campagna elettorale sobria, basata sui programmi e rispettosa. A proposito, i programmi elettorali li legge qualcuno? Dovrebbero essere tra i testi maggiormente letti in questo periodo, ma si sa che vengono sicuramente superati dagli articoli corredati da gran foto di politici versione casual nelle riviste settimanali: il Tal dei Tali sul suo divano, l’Altro a passeggio con il cane, Pinco Pallo a braccetto con la signora per le vie di Roma. Quanto ci piace far volare la fantasia e immaginarci i nostri candidati immersi nella loro vita quotidiana… siamo o non siamo un popolo di poeti?
Commenti caustici a parte, ogni cittadino italiano in questo periodo così delicato e fondamentale dell’anno, dovrebbe partire da un’azione semplice e a portata di clic. Si tratta della lettura della Costituzione Italiana, quel magnifico testo che a leggerlo fa venire i brividi.
Brividi di gioia, di speranza, di patriottismo. Ma che alla fine ti lascia un retrogusto amaro, quasi di sconfitta. Come non accorgersi della distanza abissale fra la realtà del Paese e quella descrizione magistrale di un’Italia democratica, meritocratica, civile e solidale? Superato lo shock, è inevitabile sentirsi un po’ frustrati e confusi. In ogni caso, a qualsiasi mente pensante, farebbe scattare una sinapsi semplice ed elementare già la lettura dell’articolo 1. E dovrebbe percepire un guizzo di gioia pulsare nelle vene: la sovranità appartiene al popolo. Parole che a scandirle dovrebbero essere accompagnate da un coro all’altezza di quello della Champions League. O forse dalle famose note della Nona di Beethoven. Siamo o non siamo investiti di un potere grandioso? Potrebbe a questo punto subentrare di nuovo il retrogusto amaro dell’attrito palese fra l’Italia come la conosciamo e questa meravigliosa e musicale presa di coscienza del nostro vero ruolo…
Se un testo magistrale come la Costituzione Italiana, frutto della collaborazione fra eterogenee correnti politiche e della voglia di costruire un Paese
nella pace, sentenzia che noi cittadini siamo sovrani, abbiamo potere decisionale e dobbiamo esercitarlo, viene proprio da abbandonare le nostre scrivanie, lasciare il nostro divano, abbandonare la rivista di gossip e andare a leggere i vari programmi elettorali. Leggiamoli, informiamoci, arrabbiamoci, parliamone con il vicino di pianerottolo, litighiamo con la suocera… ma prendiamo coscienza del nostro ruolo. Si tratta non solo di un ruolo attivo, ma del ruolo principale. Il più importante. Forse l’offerta non ci soddisfa, forse dovremo piegarci alla filosofia del Meno
Peggio, ma esercitiamo il nostro potere, pensiamo a chi ci ha preceduto, agli sforzi fatti per rendere il popolo sovrano, per dare a ognuno di noi la possibilità di esprimersi, di scegliere, di essere una creatura pensante, e non un suddito. Probabilmente oggi la nostra classe politica
non sarebbe in grado di mettere da parte dissapori, interessi privati, divergenze di idee per scrivere un testo come la Costituzione Italiana. Ce l’hanno fatta i nostri Padri Costituenti, e l’hanno fatto benissimo. Ci hanno tirato fuori da un periodo buio, di vagheggiamenti dittatoriali, di perdita di dignità, di soporiferi acconsentimenti. Ora non rimettiamoci a dormire, cullandoci nella convinzione che tanto non conta nulla votare, che questo Paese non cambierà mai, che è meglio pensare ognuno a i fatti suoi. Elsa Morante (1912-1985), dopo la caduta di Mussolini, in una lettera scrisse: “se lo [il popolo italiano] si fa scegliere tra il tornaconto e il dovere, anche conoscendo quale sarebbe il suo dovere, esso sceglie il suo
tornaconto”. Forse Morante ha ragione, ma si potrebbe tentare di ribaltare il ragionamento. È nostro dovere e allo stesso tempo anche nostro tornaconto andare a votare: l’astensionismo non porta a nulla, solo a una sempre maggiore distanza fra il Paese utopico descritto dalla
Costituzione e il Paese Reale. Soprattutto informiamoci, studiamo la storia, non restiamo nell’ignoranza… I giovani che non votano sono una delle piaghe più dolorose dell’Italia.
Siamo una generazione messa alle strette, non sappiamo quando potremmo realizzarci, viviamo ancora in una stanza in affitto o a casa dei genitori, dobbiamo trasferirci all’estero per venire apprezzati, ma c’è una cosa che non potranno mai toglierci: inseguire la felicità. E la felicità è assumere il nostro vero ruolo: cittadini sovrani.
Caterina Sansoni