Luci tenui, scaffali colmi di libri rilegati, grosse scrivanie occupate da persone impegnate nella lettura, qualche richiamo al silenzio per mantenere la concentrazione: ecco l’immagine delle biblioteche di oggi.
Un enorme schermo gigante, dati selezionati attraverso rapidi movimenti del corpo, immagini che si ingrandiscono e rimpiccioliscono con semplici tap, uno spazio dove si sfogliano libri e documenti elettronici e si usano tavolette digitali per prendere appunti e schematizzare idee. Un luogo dove la pagina scritta è arricchita da esperienze di realtà aumentata, attraverso la sovrapposizione di informazioni aggiuntive quali video, gallerie fotografiche, ricostruzioni tridimensionali, un mondo che moltiplica e amplifica l’esperienza che si vive attraverso la fruizione di un testo.
Ecco un possibile scenario per le biblioteche del futuro.
Postazioni per tablet, e-reader e pc, sostituiscono gli scaffali coperti da libri rilegati; grandi schermi touch addossati alle pareti con un semplice tocco permettono di trovare il libro giusto. Basta dire al dispositivo il titolo del testo, il nome dell’autore o l’argomento di interesse e in pochi secondi appariranno sullo schermo i libri pertinenti alla ricerca. Si deve solo scegliere se consultarli in loco, utilizzando una delle postazioni messe a disposizione o inviarli direttamente al proprio dispositivo.
Questo futuro potrebbe non essere troppo lontano.
Una sala lettura del futuro è presente a Parigi, nell’ala Est della biblioteca François-Mitterrand. Qui i lettori vengono accolti da uno schermo touch gigante che consente l’accesso alle collezioni digitali della Biblioteca Nazionale Francese. Lo spazio si chiama Le Labo Bnf ed è dotato di varie postazioni di lettura collegate a Twitter. Un luogo che intende testare come le tecnologie digitali stiano cambiando il modo di diffondere il sapere anche attraverso laboratori e conferenze sui nuovi media. Per agevolare i visitatori un robot di nome Kompai, che in lingua basca significa “compagno”, aiuta gli utenti presentando i cataloghi e illustrando il percorso di lettura.
Il prossimo autunno BiblioTech, la prima biblioteca dedicata interamente ai libri digitali, debutterà in Texas nella città di San Antonio. Il progetto di Nelson Wolff concepisce la biblioteca come una sorta di Apple Store, dove al posto degli scaffali con il libri ci saranno postazioni di lettura dotate di tablet, ebook reader, computer. Gli utenti per leggere i testi potranno utilizzare le postazioni in loco o prendere in prestito un e-reader per due settimane. Il dispositivo si scaricherà automaticamente allo scadere dei 14 giorni. All’interno di Bibliotech gli addetti aiuteranno gli utenti nell’utilizzo dei dispositivi. Un luogo quindi pensato non solo per rispondere alle nuove forme di lettura nate con la rivoluzione digitale ma anche per combattere il digital divide del territorio.
Cambia lo spazio fisico per la conservazione del libro, si perde la dimensione magica della ricerca tra gli scaffali per curiosare, per cercare un testo, per trovare un’ispirazione. Si modifica la catalogazione dei libri che perde la fisicità per spostarsi nella virtualità dello spazio della rete.
Al di là dell’aspetto fisico ciò che cambia con lo sviluppo delle biblioteche digitali è l’accesso al sapere e all’informazione. La digitalizzazione dei testi, degli archivi, dei materiali di ricerca conservati nei grandi server della rete facilita la condivisione del sapere. Diventa più semplice creare un mega archivio, un unico contenitore in cui far convergere tutte le biblioteche del mondo per rendere accessibile da qualsiasi luogo il patrimonio librario e culturale.
La digitalizzazione in tal senso appare come un ponte tra le culture, tra le università, permettendo al sapere di diventare a portata di clic e dando un impulso notevole alla ricerca in tutte le branche del sapere.
Questo nuovo modello di biblioteca accentua la comunicazione e la condivisione, portando al vecchio mito della biblioteca universale e all’ambizione del dominio della conoscenza da parte dell’uomo.
Sembra quasi crearsi la fantomatica storia immaginaria di una biblioteca infinita, La Biblioteca di Babele dove sono custoditi tutti i libri possibili.
Cinquecento anni fa, il capo d’un esagono superiore (**) trovò un libro tanto confuso come gli altri, ma in cui v’erano quasi due pagine di scrittura omogenea, verosimilmente leggibile. Mostrò la sua scoperta a un decifratore ambulante, e questo gli disse che erano scritte in portoghese; altri gli dissero che erano scritte in yiddish. Poté infine stabilirsi, dopo ricerche che durarono quasi un secolo, che si trattava d’un dialetto samoiedo-lituano del guaranì, con inflessioni di arabo classico. Si decifrò anche il contenuto: nozioni di analisi combinatoria, illustrate con esempi di permutazioni a ripetizione illimitata. Questi esempi permisero a un bibliotecario di genio di scoprire la legge fondamentale della Biblioteca. Questo pensatore osservò che tutti i libri, per diversi che fossero, constavano di elementi eguali: lo spazio, il punto, la virgola, le ventidue lettere dell’alfabeto. Stabilì, inoltre, un fatto che tutti i viaggiatori hanno confermato: non vi sono, nella vasta Biblioteca, due soli libri identici. Da queste premesse incontrovertibili dedusse che Ia Biblioteca è totale, e che i suoi scaffali registrano tutte le possibili combinazioni dei venticinque simboli ortografici (numero, anche se vastissimo, non infinito) cioè tutto cioè che è dato di esprimere, in tutte le lingue. Tutto: la storia minuziosa dell’avvenire, le autobiografie degli arcangeli, il catalogo fedele della Biblioteca, migliaia e migliaia di cataloghi falsi, la dimostrazione della falsità di questi cataloghi, la dimostrazione della falsità del catalogo autentico, l’evangelo gnostico di Basilide, il commento di questo evangelo, il commento del commento di questo evangelo, il resoconto veridico della tua morte, Ia traduzione di ogni libro in tutte le lingue, le interpolazioni di ogni libro in tutti i libri.
Quando si proclamò che la Biblioteca comprendeva tutti i libri, la prima impressione fu di straordinaria felicità. Tutti gli uomini si sentirono padroni di un tesoro intatto e segreto. Non v’era problema personale o mondiale la cui eloquente soluzione non esistesse: in un qualche esagono. L’universo era giustificato, l’universo attingeva bruscamente le dimensioni illimitate della speranza. A quel tempo si parlò molto delle Vendicazioni: libri di apologia e di profezia che giustificavano per sempre gli atti di ciascun uomo dell’universo e serbavano arcani prodigiosi per il suo futuro. Migliaia di ambiziosi abbandonarono il dolce esagono natale e si lanciarono su per le scale, spinti dal vano proposito di trovare la propria Vendicazione. Questi pellegrini s’accapigliavano negli stretti corridoi, proferivano oscure minacce, si strangolavano per le scale divine, scagliavano I libri ingannevoli nei pozzi senza fondo, vi morivano essi Stessi, precipitativi dagli uomini di regioni remote. Molti impazzirono… Le Vendicazioni esistono (io ne ho viste due, che si riferiscono a persone da venire, e forse non immaginarie), ma quei ricercatori dimenticavano che la possibilità che un uomo trovi la sua, o qualche perfida variante della sua, è sostanzialmente zero.
La Biblioteca di Babele di Jorge Luis Borges
Tonia Zito