Le parole catalogano il mondo dando un nome a ogni cosa. I bambini quando nascono sono senza parole. Se ne stanno lì, sdraiati sulla schiena o accoccolati sul fianco, ad agitare gambe e braccia senza nemmeno accorgersi delle parole che gli girano intorno. Iniziano a conoscere il mondo osservandolo, gustandolo, toccandolo, e assaggiando, toccando, osservando, un bel giorno iniziano a tradurre la loro esperienza in parole.
È a partire da quel momento che ai bambini vengono consegnati dei contenitori, della categorie con cui classificare il mondo, con cui imparare a conoscerlo, ad apprezzarlo, a disprezzarlo, ad amarlo, a cercare le sue infinite declinazioni. Ed è così che che si impara il potere delle parole. È semplice, basta dirne una e qualcosa magicamente succede, appare ciò che è stato chiesto. A ogni parola corrisponde una reazione di chi ci sta intorno. Sembra quasi una forma di potere.
Quando i bambini iniziano a parlare spesso storpiano le parole suscitando nei grandi molta ilarità. Nella fase di apprendimento gli adulti intervengono se sbagliano, cercando di indirizzarli verso una “corretta” catalogazione del mondo. E allora i bambini iniziano a credere che il significato delle parole sia lo stesso per tutti, e crescendo passano la vita a spiegarsi, a confidarsi, a difendersi cercando qualcuno che usi il loro stesso linguaggio.
Le parole hanno un loro movimento intrinseco, hanno la capacità di muovere qualcosa nell’altro. Non è una caso che quando si instaura un regime dittatoriale la libertà di parola sia la prima cosa che viene negata. La parola è in grado di smuovere le coscienze, le idee, racchiude in sé il peso di ciò che esprime, ma acquista il suo senso solo quando è “agita”. Ed è solo in questo caso che essa può risultare universalmente comprensibile, poiché è capace di muovere l’altro, colui che ascolta. È solo in questo caso caso che si compie, portando alla luce ciò che altrimenti rimarrebbe nascosto. È così che la parola forma, educa, plasma, distrugge, uccide, salva, ama, istruisce, consola, guarisce, mobilita.
Essa compie la sua missione solo attraverso la presenza dell’altro ed è solo nel dialogo con esso che rivela la sua essenza, dando anche al silenzio il potere di esprimersi.
Tonia Zito
Immagine di Ahermin