Ricombinare spezzoni di video e audio, di natura diversa, tratti dalla rete, dalla televisione e dal cinema ovvero il video mash-up, una nuova forma d’arte legata all’utilizzo delle tecniche digitali, il cui senso si può esprimere nell’evidenza che tutto può mescolarsi con tutto. Il mash-up è il campo di azione di quella che si può chiamare remix generation, una generazione composta di giovani nati nell’era del digitale, pronti a creare e sviluppare le loro proprie forme d’arte.
Ciò però non significa che il mash-up sia una forma passiva di espressione artistica. Quelli che creano il mash-up non solo sono attivi e utilizzano un metodo preciso di lavoro, basato sulla selezione precisa e personale, ma realizzano un prodotto che è come una nuova forma di letteratura. Uno spettatore di mash-up non è più passivo di un lettore. Entrambi sono limitati da quanto scrive l’autore o dal lavoro del regista, ma al contempo entrambi ricreano continuamente, con la loro immaginazione, quanto stanno leggendo o vedendo. Anzi. Come tutte le nuove tipologie interattive supera il concetto di pubblico come collettività intesa in senso classico – cioè l’audience che si riconosce nella radio, nella stampa e nella televisione, tutte situazioni in cui non vi è la possibilità di rispondere a quanto avviene sul medium – perché la connettività integra e sostituisce la collettività. Quando si comincia a giocare col cellulare, a portare la mano verso la tastiera, a muovere il cursore, quando si “tocca” lo schermo, quando si penetra attivamente dentro l’immagine, si esce, in parte, dalla collettività e si entra in una condizione di connessione personale, pur all’interno di una grande area collettiva di fruitori attivi.
Maria Mancusi