Qualche tempo fa ho visto un bellissimo film, Arrival, diretto da Denis Villeneuve e uscito nelle sale nel 2016 che mi ha fatto pensare a un libro letto qualche tempo fa, scritto da Michael Faber ed intitolato Il libro delle cose nuove e strane.
Ho collegato questi due racconti, l’uno filmico e l’altro scritto, poiché entrambi trattano della missione di una vita, del definitivo contatto con l’Altro che risulta così sconvolgente da mettere in discussione l’Io (processo che può portare alla conferma definitiva del proprio rinnovato sistema di pensiero o al suo stesso crollo sotto il peso di nuove, sconvolgenti condizioni di esistenza).
Il libro delle cose nuove e strane racconta di quest’uomo di fede, Peter Leigh, che per una serie di vicissitudini si ritrova a dover svolgere un compito assai particolare: partire per una missione spaziale alla scoperta di un nuovo mondo e della sua popolazione (che lui dovrà imparare a conoscere e avvicinare anche e soprattutto attraverso la fede).
Ho trovato interessante e al contempo disturbante questo distacco improvviso dalla normalità, la stessa che viviamo tutti noi, fatta di piccole cose sostanziali quali la casa, la famiglia, il lavoro e quant’altro (in questo caso anche un gatto) e che riesce a mantenersi grazie alla compagna di Peter, Beatrice, rimasta ad aspettarlo sulla Terra.
Il distacco si sente e fa male, vissuto come un silenzioso strazio interiore e il presagio di una lontananza senza termine ben definito.
La trama, dall’unità della coppia, si sdoppia nei due filoni dei singoli e delle rispettive vite lontane prima materialmente, poi anche spiritualmente.
Vediamo l’evolversi della vicenda attraverso la fitta corrispondenza tra loro; tuttavia, se all’inizio si tratta di una diversità sostanziale dovuta ai luoghi e alle abitudini, successivamente questa si dilata divenendo più profonda.
La sua voce dolce e fervida parlava del santuario celeste dove le cose preziose erano al sicuro: “Perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore”. E ripensò alle ultime parole di Matteo e al significato che potevano avere per due persone che si amavano: Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. Amen.
Peter e Beatrice sono legati dalla fede (in Dio, nel futuro, nell’unione) e le loro esperienze di vita li conducono verso i sentieri poc’anzi accennati: nel caso di lui, che entra progressivamente in contatto con la popolazione aliena locale, si tratta di una riscoperta di questa bellissima fede capace di superare le barriere cosmiche per unire popoli assai diversi tra loro (è proprio in questo contesto che viene rilegato Il Libro delle cose nuove e strane, che altro non sarebbe che una sorta di Bibbia elementare creata da Peter per infondere il Credo agli alieni e che implica anche un interessante incontro linguistico fra le due parti); nel caso di lei si arriva invece a una progressiva crisi di quel sistema di valori accentuata tanto dalla lontananza quanto dal precipitare degli eventi sulla Terra. Un pianeta si riprende dalle sue prove e scopre la fede, l’altro viene definitivamente trascinato in una spirale di violenza e devastazione per cui quella fede non basta più, mortificata e schiacciata com’è dagli eventi. E così sembra venir meno anche la fede nell’altro, in quell’uomo sempre più innamorato della nuova missione e idealisticamente lontano dall’altra realtà un tempo intimamente sua, e di conseguenza nell’amore: fino a che punto si può amare una persona che ci ama a sua volta, ma che è andata così oltre, così troppo in alto nella luce, da lasciarci indietro? E quanto, per contro, siamo disposti a capire e ad accogliere la differenza tra l’amore in una persona e quello in un ideale preferendo, di conseguenza, il bene di molti a quello di un singolo (laddove quel singolo sacrificabile può diventare persino il proprio Io)?
Faber parla di questo e altro in un libro pregno, fondamentalmente, di vicende tanto terrene quanto ultraterrene che invitano il lettore a interrogarsi su come si sarebbe comportato a fronte di un simile bivio.
Analogamente a questa storia, anche quella di Arrival tratta argomenti simili, pur incentrandosi maggiormente sulla tematica della comunicazione. Questo aspetto nel libro emerge attraverso le lettere dei due protagonisti, che nello scriversi finiscono col comunicare sempre meno (capendosi, di conseguenza, con maggiore difficoltà nonostante utilizzino la stessa lingua), e nell’avvicinamento linguistico di Peter ai nativi alieni che hanno una lingua differente e quindi anche un proprio sistema di pensiero; nel film invece rappresenta il perno della trama insieme alle scelte umane e d’amore che un singolo può decidere di fare accettandone le conseguenze, talvolta inevitabilmente drammatiche.
La storia narra di una docente di linguistica, Louise Banks (Amy Adams) che attraverso dei flashback racconta allo spettatore dell’amata figlia Hannah e della sua morte prematura. La donna intanto viene chiamata per svolgere una missione assai delicata: decifrare il linguaggio degli alieni, arrivati all’improvviso sulla Terra in mezzo al panico generale. Louise viene aiutata in quest’impresa dal matematico Ian Donnelly (Jeremy Renner) che integra le sue conoscenze scientifiche a quelle umanistiche (e umane) di lei. Il film è tutto una scoperta di questo linguaggio, in un incontro progressivo e attento fra due culture e razze (e protagonisti, che proprio durante questa missione si avvicinano tanto da scoprire fra loro l’amore) fino a raggiungere un colpo di scena struggente ed inaspettato che, personalmente, mi ha stupita e commossa per il valore umano e le riflessioni che mi ha stimolato.
Anche in questo caso si dimostra l’importanza della comunicazione e la capacità di un sistema linguistico d’influenzare quello cognitivo (secondo la teoria di Sapir Whorf), mettendo in gioco questioni cosmiche che sono anche umane e personali e dimostrando come dentro un grande spirito si nasconda un universo complesso.
Consiglio quindi sia la visione del film sia la lettura del libro che, anche se in modo diverso, aiutano a riflettere su argomenti importanti attraverso ambientazioni fantascientifiche inedite e mostrano quanto stupefacente possa essere il cammino che ognuno di noi ha intrapreso (a partire dalle piccole cose come dai piccoli, grandi universi).
Carlotta Papandrea