Cultura e società

Amore allo specchio

Scritto da Maria

Che cos’è uno specchio se non lo strumento che riflette la nostra immagine?

Cosa ha in comune con l’amore? Forse che ogni amante non abbia il desiderio di vedersi riflesso negli occhi dell’amato e godere di un sentimento fatto su misura? Di sentirsi amato non come l’altra persona sa e può, ma esattamente come vorrebbe in base al suo bisogno? Ed è forse questo uno dei grandi crucci di tutte le relazioni amorose, molte delle quali naufragano, perché noi stessi infondo, proprio noi che vorremmo una persona che ci ami come ci piace, poi finiamo per amare nell’unico modo che ci riesce, il nostro, che poi non è mai quello di cui l’altro ha bisogno.

Ma non torniamo all’osservazione iniziale, all’esigenza di un sentimento cucito a posta per noi. L’idea non è nostra, il mito greco ci ha pensato prima. Molti conosceranno la storia di Pigmalione, re di Cipro e abile scultore, che non aveva voglia di pensare all’amore e che per questo motivo fu punito da Afrodite. La dea, infatti, lo fece innamorare di una statua in avorio raffigurante una donna bellissima, che lo stesso Pigmalione aveva realizzato. Da quel giorno Pigmalione non ebbe più pace: passava giorno e notte a contemplare la statua, a declamare il suo amore per lei, ad accarezzarla, baciarla, ma a tutte le sue attenzioni la statua restava muta, fredda e insensibile. Solo quando Afrodite mostrò pietà per questo amore impossibile, le pene del re finirono e poté amare la sua bella fanciulla.

Il caso di Pigmalione non è né unico né fantastico, somiglia ai tanti sentimenti, più o meno amorosi, nati in rete, che spesso rimangono congelati nelle chat, perché si nutrono d’illusione, perché dietro alle identità-non identità possiamo creare degli specchi di noi, per farci amare come vogliamo e amare come gli altri vogliono. In realtà si potrebbe osare di più, immaginare di più per il futuro, certo fantascientificamente, ma la fantasia non ha freni…

Immaginate di poter avere un lui o una lei non umani, dei sistemi operativi, che vi salutino al mattino con brio e, con una raucedine sexy, vi augurino la buonanotte alla sera. Pensate a cyborg che vi organizzino le giornate, vi riordino documenti e file e, a differenza di alcune donne e alcuni uomini, non si lamentino dei loro molti ruoli, il che lo/la renderebbe il/la compagno/a ideale. Ma “Lui/lei” artificiale non è una compagno/a, non è un’amante, non è un’amico/a, non è una uomo/donna e neanche un essere vivente…

Se fossimo a caccia di miti, di storie impossibili, questa sarebbe la nostra, quella dei nostri tempi, tra un uomo che assomiglia sempre più a una macchina e i mille volti della tecnologia. La domanda è: saremo felici? Arriverebbe un deus ex machina a miracolarci? Per il momento e solo per il momento, nella realtà virtuale a cui siamo abituati, voi avete più amici da quando le vostre bacheche sono piene di amici? Avete più amore? Da quando, tra un pollice e l’altro, tweettate le vostre opinioni, vi sentite più ascoltati? Ma, soprattutto, nel social networking, avete sconfitto la solitudine, la condizione naturale dell’uomo?

Maria Mancusi

 

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